Un viaggio più gastronomico che eno in Alto Adige

Non è difficile pensare ad un itinerario gastronomico in Alto Adige. Lo ammetto, sono di parte. Nato e cresciuto in Alto Adige, ho iniziato a sciare quando avevo quattro o cinque anni e onestamente la parte più bella della giornata era la pausa pranzo in baita (sarà per questo che non sono diventato un grande sciatore): dopo tre ore a sciare con temperature abbondantemente sotto lo zero, si sognava una zuppa di gulasch, dei canederli in brodo o un piatto di polenta con salsicce al sugo.

L’arte gastronomica dell’Alto Adige nasce da lontano: ricette semplici con prodotti semplici di altissima qualità, preparati in ambienti familiari con tradizioni che vanno indietro di generazioni. Il pranzo tipico della domenica si deve fare assolutamente in un maso contadino (Bauernhof o Buschenschank) sedendosi nella Stube, ambiente tipico caratterizzato da una stufa che riscalda tutto il soggiorno: praticamente siamo ospiti della famiglia che apre le porte di casa sua offrendo i loro prodotti.

Non può mancare il classico pezzo di Speck, prodotto IGP altoatesino, solitamente accompagnato da un coltello, per tagliarlo nel modo in cui preferiamo, principalmente a listarelle, insieme ad altri salumi tipici, a formaggi vaccini, a cetriolini sott’aceto e un bel cucchiaio di cren, una crema piccante di rafano.

Non esiste cosa migliore per essere certi della provenienza e della qualità di un prodotto di andarlo a recuperare direttamente alla fonte. Arrivare a 1300 metri di altitudine e bussare alla porta del contadino che ti apre le porte della sua cantina, e, se sei fortunato, ti offre la sua riserva speciale di speck di coscia di maiale perché in quello specifico giorno aveva finito i prodotti da vendere. L’idea di trovarsi in un prato immacolato, a 20 km dalla strada statale più vicina, ad osservare a un palmo di naso una mucca che sta ruminando erba pulita lontano dal traffico, dallo smog e dagli allevamenti intensivi. Impagabile.

Ovviamente le zuppe la fanno spesso da padrone, il clima a certe altitudini richiede il calore del brodo e una dose abbondante di proteine: sono immancabili le zuppe di gulasch, le zuppe di orzo e gli immancabili canederli, preparati con del pane raffermo, uova, speck ed erba cipollina, serviti in un brodo di carne caldissimo oppure innaffiati con del burro fuso, salvia e una gentile dose di formaggio grattugiato. Piatti relativamente ‘poveri’ preparati però con l’amore e la passione della cucina di casa e grandi materie prime recuperate nel giardino di casa.

Una menzione speciale va ad uno dei miei piatti preferiti, l’Herren Gröstl, o rosticciata del signore: in origine era un piatto pensato per raccogliere gli avanzi di carne dell’arrosto o del bollito – può essere di maiale, ma nella sua versione più ‘signorile’ si usa la carne di manzo – saltata in padella con delle patate, cipolle e erba cipollina, in alcuni casi anche ‘ricoperta’ da un uovo all’occhio di bue. Si trovano anche versioni più sofisticate dove al posto della carne si può usare il baccalà, utilizzando la panna per rendere ancora più morbido il piatto.

Con la tartare di carne invece vado sul sentimentale. È stato per molti, ma molti anni, il piatto della domenica nel ristorante di amici di famiglia vicino a Bolzano. Ho osservato il signor Heinrich prepararla davanti agli ospiti per quasi trent’anni, con l’eleganza con cui chiedeva agli ospiti che tipo di condimenti desideravano (anche se si ricordava dei gusti di quasi tutti i suoi clienti storici) fino al momento dell’impiattamento con il solo aiuto di due cucchiai e tanta maestria (sosteneva di prepararne 10.000 all’anno). Un piatto da provare, soprattutto perché non sempre siamo abituati a questo abbinamento di sapori così particolari.

Poi a un certo momento arriva il dolce, e tutti si fermano: c’è sempre l’imbarazzo della scelta, ovviamente le mele sono presenti in molte preparazioni, dalle frittelle allo strudel. Ma il re assoluto, ovviamente per mia umile opinione, è il Kaiserschmarren, o la frittata dell’imperatore (il suono è decisamente più romantico in tedesco che in italiano): nato come molti piatti per errore, l’imperatore Francesco Giuseppe (si, quello della principessa Sissi) aveva chiesto in realtà una crêpe, che durante il salto in padella si è rotta. Per rimediare all’errore lo chef terrorizzato ha deciso di romperla grossolanamente e aggiungere per decorazione uva sultanina e zucchero a velo, accompagnata da una confettura di ribes. Se dopo più di centocinquant’anni la tradizione resiste ancora di sicuro l’imperatore avrà apprezzato.

Come abbiamo potuto intuire, non c’è che l’imbarazzo della scelta nel caso volessimo cimentarci con alcuni piatti di questo meraviglioso territorio, e quindi ho cercato di regalare alcune ricette per potere rivivere queste sensazioni dalla cucina della nostra casa, preparando una cena magari accompagnata da un Blauburgunder, o un Lagrein o un fresco Chardonnay.

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